“Ambient del futuro passato” è forse la definizione più efficace per descrivere il suono del duo composto da Spencer Doran e Ryan Carlile originario di Portland in Oregon. Certo è che con il loro mix di stili musicali e riferimenti estetici apparentemente distanti i Visible Cloaks rappresentano una delle novità più affascinanti comparse sulla scena elettronica degli ultimi anni. L’album Reassemblage e l’EP Lex, usciti nel 2017 per la label statunitense RVNG Intl. (che conta uscite di Holly Herndon, Julia Holter, Craig Leon), hanno visto Doran e Carlile filtrare attraverso uno sguardo nitido e iperrealista l’influenza di certo ambient-pop giapponese anni '80 (un nome, su tutti: Ryuichi Sakamoto) e una sensibilità per i suoni “naturali” della strumentazione acustica tradizionale, replicati tramite l’uso di strumenti virtuali.
Quello dei Visible Cloaks è un approccio disinvolto che si orienta tra naturale e digitale, progresso tecnologico e tradizione, sintetico e organico, passato e futuro, mettendone in discussione confini e convenzioni.
Il risultato è una pluralità di linguaggi, un’elettronica hi-tech che aggiorna il concetto di “Fourth World Music” nato dalle sperimentazioni di Jon Hassell e Brian Eno negli anni Ottanta e dal vivo prende la forma di un’esperienza immersiva e multisensoriale grazie ai visual curati dalla digital artist Brenna Murphy.